È Pasqua, torna la campagna contro la costina di agnello
Come ogni anno, in vista della Pasqua, è scattata la campagna della galassia animalista contro il consumo di carne di agnello.
Anche in questo caso, come in tutte le campagne animaliste, l’appello parte da alcune associazioni, ma la diffusione della campagna può contare su migliaia di simpatizzanti che hanno un’estrema confidenza con i social network e che si prendono l’impegno militante di “fare girare” e “diffondere” i post.
Quella di Pasqua è la classica campagna che si basa sulla viralità del tema. Di solito inizia con la diffusione di video, anche datati e provenienti da qualunque parte del mondo, magari girati in macelli da militanti in incognito, che vengono rispolverati nella certezza che, proprio per la viralità dell’argomento, verranno ripresi anche dai siti dei grandi giornali.
La stesso interesse per la questione animale è la ragione del successo dei comunicati stampa ufficiali delle associazioni animaliste che, nella perenne competizione tra loro per il primato sul movimento d’opinione forse più diffuso al mondo e in Italia, a Pasqua fanno a gara a chi per prima riesce ad uscire sui giornali e sulle Tv. Così su molti mezzi di informazione appaiono copiaincollati i comunicati di Lav o Enpa o Lac che hanno strutture di comunicazione adeguate a un proficuo rapporto con i media. Qui, uffici stampa professionali, lanciano raccolte firme (che sono iniziative sempre molto virali sul web) e lanciano anche “appelli al Papa” perché si pronunci contro il consumo degli agnelli a Pasqua. A questo proposito merita citare anche le bufale che coinvolgono Papa Francesco, come quella che circolò l’anno scorso partendo dalla falsa interpretazione del significato di una foto del Papa che si era messo in spalle un agnello durante la visita a un presepe vivente.
Molti gruppi tematizzano i propri siti internet come www.dirittianimali.org/pasqua, www.tvanimalista.info, www.cattolicivegetariani.it.
Alcune organizzazioni come Oipa http://www.oipa.org/italia/, o Animal Equality http://www.animalequality.it/ o Animal Amnesty http://www.animalamnesty.it/ oltre a rendere tematiche (no al massacro degli agnelli) le proprie home page, diffondono anche manifesti per le città.
Invece, le sigle più piccole o anche singoli attivisti si accontentano di copiare articoli di altre associazioni o di aprire domini ad hoc come www.pasquaveg.it oppure pagine-evento su Facebook, come “Campagna contro la mattanza dell’agnello a Pasqua” oppure pagine Facebook permanenti condite di foto di teneri (in senso affettivo) agnellini o di improbabili idilli tra animali come la foto del cane che tiene in bocca il biberon da cui poppa un agnellino. È il caso di pagine come: “Stop agnelli uccisi a Pasqua”; “Strage degli innocenti”; “A Pasqua Gesù non mangia l’agnello”.
E proprio l’aspetto religioso del consumo di agnello nella ricorrenza della Resurrezione è al centro della polemica.
La tradizione culinaria di arrostire le costine d’agnello o di capretto sulla griglia è ben radicata in Italia e nel mondo occidentale, così come nel mondo ebraico e in quello mussulmano. Non è un caso che, ogni anno, nel mondo si consumino 950 milioni di ovini.
La tradizione gastronomica, almeno quella italiana, nasce sicuramente dalla tradizione religiosa e dalla lettura della Bibbia.
Così è sull’interpretazione delle Sacre Scritture che si concentra anche la critica animalista.
Gli animalisti, infatti, sostengono che nella Bibbia non c’è scritto che bisogna, per forza, mangiare agnelli a Pasqua, e che un cattolicesimo evoluto può fare a meno di questa consuetudine. Ma è proprio così?
Come è noto, lo “stemma di Cristo” utilizzato in tutta l’iconografia cristiana mostra un agnello. Questa simbologia deriva dai Vangeli, in particolare dal battesimo di Gesù, durante il quale Giovanni Battista pronuncia la frase “Ecco l’agnello di Dio, colui che prende su di sé il peccato del mondo” (“Ecce agnus dei…”).
Qui, Giovanni paragona il Figlio di Dio a un agnello sacrificale che deve essere offerto a Dio per la salvezza dell’Umanità: usa questa metafora dell’agnello avendo ben in mente la sua tradizione pasquale del consumo di agnello.
L’agnello da mangiare, da semplice metafora, diventa parte esplicita nella narrazione dell’ultima cena.
Visto che per Gesù e gli Apostoli, tutti ebrei, si tratta di prepararsi alla Pasqua, la portata principe dell’ultima cena consumata nel Cenacolo non può che essere proprio l’agnello arrosto. Prima della celebre frase “qualcuno di voi mi tradirà” e prima di celebrare la prima Eucaristia della storia cristiana con pane azzimo e vino, Gesù e i suoi discepoli terminano di spolpare costine di agnello messo sullo spiedo come vogliono i rigidi dettami religiosi.
L’Ultima Cena è, infatti, una perfetta cena pasquale in stile ebraico, una tradizione che affonda le sue radici nel libro dell’Esodo, cap. 12,1 – 14,46, quando Dio comunica a Mosè come gli ebrei potranno scappare dall’Egitto e come andrà celebrata per sempre questa ricorrenza, che si chiamerà Pasqua.
E leggendo l’Antico Testamento, il precetto divino sulle modalità per celebrare la Pasqua non lascia dubbi sulla centralità religiosa dell’agnello arrosto nella mensa pasquale.
Ecco cosa è scritto nel libro dell’Esodo.
«Il Signore disse disse a Mosè e ad Aronne paese d’Egitto: Questo mese sarà per voi l’inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell’anno. Parlate a tutta la comunità d’Israele e dite: Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per consumare un agnello, si assocerà al suo vicino, al più prossimo della casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l’agnello secondo quanto ciascuno può mangiare. Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell’anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo custodirete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l’assemblea della comunità d’Israele lo immolerà tra i due vespri.
Preso un po’ del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull’architrave delle case, in cui lo dovranno mangiare.
In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco, la mangeranno con azzimi ed erbe amare. Non lo mangerete crudo, né bollito nell’acqua, ma solo arrostito al fuoco con la testa, le gambe e le viscere. Non ne dovete far avanzare fino al mattino: quello che al mattino sarà avanzato lo brucerete nel fuoco.
Ecco in qual modo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta.
È la pasqua del Signore!
In quella notte io passerò nel paese d’Egitto e colpirò ogni primogenito nel paese d’Egitto, uomo o bestia; così farò giustizia di tutti gli dei dell’Egitto. Io sono il Signore!
Il sangue sulle vostre case sarà il segno che voi siete dentro: io vedrò il sangue e passerò oltre, non vi sarà per voi flagello di sterminio, quando io colpirà il paese d’Egitto.
Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione, lo celebrerete con un rito perenne.
In una sola casa si mangerà: non ne porterai la carne fuori di casa; non ne spezzerete alcun osso».
Si può discutere sul fatto che quella di Mosè è una ricorrenza esclusivamente ebraica e che non è parte dei precetti cattolici. Ma è innegabile che il Vecchio Testamento sia un testo anche cattolico e che anche se da questa tradizione ebraica deriva l’agnello arrosto dell’Ultima Cena e l’accostamento di Gesù all’agnello (di Dio) non c’è dubbio che per un credente cattolico mangiare a agnello a Pasqua abbia oltre che un significato di tradizione gastronomica anche un forte significato religioso.