Ancora pesce pericoloso, mentre manca la tracciatura
Il pesce si conferma un alimento a forte rischio di contaminazione e adulterazione. L’ultimo caso è il sequestro dei Nas dei Carabinieri di Salerno e di Genova di trentadue tonnellate di confezioni di sgombro al naturale infestato da parassiti confezionato in Marocco e importato da una ditta genovese dopo che la Procura di Torino ha avviato le indagini sul “catodo”, un prodotto chimico che, spruzzato sul pesce lo farebbe sembrare fresco come appena pescato anche quando invece non lo è magari perché importato dall’estero. Più di due pesci sui tre consumati in Italia provengono dall’estero ma il consumatore non riesce a saperlo per la mancanza di una informazione trasparente.
Oggi la legge sull’etichettatura per il pesce fresco prevede solo l’indicazione della zona di pesca mentre per quello trasformato quella di confezionamento. Il pesce italiano, ad esempio, fa parte della cosiddetta “zona Fao 37”, che contraddistingue il prodotto del Mediterraneo. Il rischio di ritrovarsi nel piatto prodotto straniero è tanto più forte nella ristorazione, dove spesso vengono spacciati per tricolori prodotti che arrivano in realtà dall’estero.